Wil van der Laan

La passione creativa di Wil van der Laan coinvolge molte persone che hanno potuto apprezzare le sue opere: dai suoi dipinti balza fuori la vita e i suoi bronzi sono esplosioni di energia.


Un giorno ha visto le teste della famiglia reale modellate dallo scultore Arthur Sproncken, in seguito ha ammirato i bronzi dorati a Pergola. Wil ne è rimasto affascinato e per anni e anni l'idea di un gruppo di statue lo ha tormentato finché è riuscito a realizzarle nei cinque ritratti degli imperatori Romani più famosi.
Ammirando le opere degli scultori classici Wil ha voluto rappresentare in ogni testa il suo punto di vista riguardo ai sovrani che hanno dominato l'Impero Romano. Nel gruppo imperiale ne ha scelti cinque: le loro teste rivelano caratteristiche di forza e di autorevolezza a cominciare da colui da cui tutto è iniziato, Giulio Cesare, il Generale dorato a cavallo.


Sono diventate teste che ispirano non solo forza fisica ma anche saggezza e regalità.


Le opere sono state create con cura professionale nella fonderia ART & CRAFT. Il personale della fonderia è abituato alla presenza di Wil che sorveglia l'esecuzione delle sue opere in tutte le fasi della lavorazione in maniera scrupolosa. Il prodotto della fusione è come un neonato che va fasciato e così la chamotte viene sbattuta e il getto viene immerso nell'acqua per fissare il colore del bronzo. Poi vanno rimossi i canali del processo di gettata, si cesella e infine si aggiunge la patina. Wil non lascia una testa scolpita prima di aver realizzato un'opera d'arte perfetta.


Teste speciali richiedono testi speciali. L'autore dei testi è Jan Coumans, docente di Lingua olandese che ha tradotto in parole l'immaginazione espressa da Wil nei suoi imperatori bronzei.

Giulio Cesare (100 a.C. – 44 a.C.)

Per Roma, ha spostato i confini. Dal Mare del Nord al Mar Nero.
Il De bello Gallico: senza questo non esisterebbro né Asterix né Obelix.
I suoi nemici politici avevano l’illusione che i barbari lo avrebbero sconfitto. Il generale tornò soddisfatto di sé stesso, sicuro di sé disse “Alea iacta est” e pieno di fiducia in sé stesso oltrepassò il Rubicone. Le sue legioni gli diedero Roma.
“Veni, vidi, vici”, disse ad Est e tutti soccombero al suo genio militare. Per il suo fascino cadde Cleopatra. La innalzò a faraone e lei gli diede un principe che rimase miseramente illegittimo.
Giulio stesso non diventò mai Caesar né Augustus. Il suo figlio adottivo Ottaviano diventò Augustus ed il primo Caesar. Temendo il suo fascino regale i barbari del senato lo assassinarono, nelle Idi del mese del suo avo. “Tu quoque, Brute, fili mi!”, sospirò, e come un tragicoe eroe, abbandonò il suo spirito sulle scale del teatro.
Cesare, autoproclamato discendente di Marte, militare nel più profondo del suo sangue, dotato della capacità di guardare avanti senza limiti, era troppo miope nella sua vanità.
Giulio, imperatore per i suoi soldati, un Dio d’oro per i suoi Romani, guarda dall’alto il campo di battaglia del mondo.
A Luglio vivrà per sempre.

Ottaviano Augusto (63 a.C. – 14 d.C.)

Qual è la fama di un nome?
Voleva essere chiamato Gaio Giulio Cesare. La storia voleva conoscere un solo Caesar e Gaio Ottavio divenne Ottaviano.
Il primo Caesar nella successione degli imperatori Romani.
Il senato lo elevò a Augustus, titolo onorario. Troppo intelligente per i suoi avversari politici “l’esaltato” optò per la modestia e agì per tutta la sua vita come Primus inter pares, Primo tra i pari. Repubblicano di nome, imperatore per il popolo.
Come un nuovo Apollo, ha portato luce ai Romani dopo decenni di oscurità di spargimento di sangue reciproco. Roma raggiunse la sua massima dimensione durante la Pax Augusta.
Il Pantheon, il Mausoleo, l’Ara Pacis, il Teatro di Marcello: rivestì i mattoni di Roma con la lucentezza del marmo. Una ricca cava economica, per i seguaci di un’altra persona illuminata del suo tempo.
Virgilio, Orazio, Ovidio, Livio, Vitruvio: hanno dato al suo impero lo splendore della parola.
E il suo alone?
Brillava di semplicità e sobrietà. Sul Palatino non c'era un grande palazzo per lui e per la sua Livia.
Ottaviano morì ad Agosto. Nel proprio letto.
Vive come Augusto, come un potente monumento ai Caesar che non morirono a letto. Voleva essere giovanile e giovane per sempre.
Ora rinasce in bronzo.

Nerone (37 d.C. – 68 d.C.)

Guarda e rabbrividisci.
Pieno di sé, convinto della propria grandezza, vittima delle proprie passioni, spietato assassino e schizofrenico.
Inizialmente popolare per la sua generosità, ben presto temuto per i sioi capricci, noto per la sua sete di sangue, ridicolizzato per la sua tenue voce fosca, per le sue vittorie forzate nelle corse dei carri.
Decadente, avido oltre che indifferente. Un Olimpionico fallito. “Qualis artifex pereo!”, gemette, quando fu costretto al suicidio. "Quale artista muore con me!".
Il Senato chiese una Damnatio memoriae. Ma... non lo dimenticheremo mai. Il ricordo di questo tiranno ha la vita eterna.

Traiano (53 d.C – 117 d.C.)

Giulio e Ottaviano in uno, ecco cosa voleva essere, questo geniale generale e astuto e generoso Spagnolo.
Grazie alle sue legioni a Est divenne Caesar, grazie al suo orecchio in ascolto a Ovest rimase tale.
Ha creato nuove province fino ai confini della Persia. I suoi uomini trasformarono la Dacia in Romania consegnandogli il loro Lebensraum. Il loro capitano ha trovato lì l'oro per dare pane e giochi a Roma.
E molti lavori di costruzione. Per il monarca e la gente. Da Est portò il celebre Apollodoro di Damasco: costruttore di ponti, scultore e architetto in uno.
I fori imperiali, insieme collegavano il Colosseo e il Campidoglio. Il Foro di Traiano divenne il più grande. Religione, istruzione, mercato, giustizia, propaganda tutto in uno.
Mussolini ne era molto geloso e su di esso proiettò la sua via d'onore. I suoi archeologi erano furiosi. Infondiamo disperatamente nuova vita nella meraviglia distrutta del mondo.
Il celeste Pietro salvò la sua trionfale colonna. Originariamente da dove il divinizzato Traiano guardava le colline Romane sopra la sua basilica, biblioteche e tempio, ora il primo papa mostra le sue chiavi. Sotto i suoi piedi, si svolgono 200 metri di narrazione visiva sulla gloria marmorizzata delle legioni di Traiano. Così bello, così bello, così leggibile. Il Caesar appare 60 volte sulle raffigurazioni, mai come un combattente, sempre all’altezza.
Traiano merita il suo bronzo.
Sveglio e vigile per sempre, tutto in uno.

Adriano (76 d.C. – 138 d.C.)

Innovatore.
Nessuna espansione ma consolidamento. Sotto il suo governo le legioni si ritirarono dietro il limes (confini) della natura. E dove non c'erano Reno, Danubio o Sahara, costruì fortezze e mura. Gli Scozzesi sono stati per secoli dietro il Vallo di Adriano.
Roma vide Adriano raramente, come generale sempre in viaggio. Era spietato con i ribelli, generoso con i meritevoli. Anche loro hanno avuto accesso ai granai Egiziani.
Roma è dove è l'imperatore. E ovunque divenne Roma. Donò alle province acquedotti, teatri, templi, terme, fori, quartieri cittadini, intere città. La loro gratitudine è incisa in più di 400 bassorilievi.
Tuttavia, non dimenticò Roma. Fece costruire il Pantheon in onore di tutti gli dei. In onore delle divinità cittadine il Tempio di Venere e Roma. In onore di se stesso una colossale tomba imperiale. Grande, più grande, il più grande. Adriano Augustus divenne così il nuovo Ottaviano. A Tivoli ha ricreato ricordi di viaggio. Nella sua ampia Villa Adriana poteva ritirarsi per scrivere e filosofare.
“Graeculus”, “il Grechetto”, lo chiamavano i patrizi Romani, “Helios” gli arconti Ateniesi. Ha dato all’intero impero il diritto e la sicurezza di Roma, ma soprattutto la cultura e la filosofia di Atene.
Hadrianus Augustus, l'innovatore.
Tredici imperatori lo hanno preceduto. Non avevano barba. Adriano è stato il primo.
I filosofi Greci antichi avevano la barba. I giovani soldati Romani avevano la barba.
Il filosofo generale Adriano merita la sua barba. In bronzo.

Marco Aurelio (121 d.C. – 180 d.C.)

Il saggio imperatore non c'era. Se solo fosse stato più saggio.
Le leggi della natura erano esemplari. Sedici bambini gli diede la natura.
Sei bambini gli sono sopravvissuti. Ne nominò uno tre anni prima della sua morte come co-imperatore e quindi successore. Sua moglie lo avvertì, fu il suo più grande errore. Marco divenne così l'ultimo "buon imperatore".
"Tà eis heautón": A sé stesso. Durante gli otto anni di campagna militare contro gli oppressori Germanici scrisse in Greco le sue "Meditazioni", ammonendo se stesso. I grandi leader mondiali l'hanno letto.
"Il gladiatore" Commodo fece mettere suo padre a cavallo come pacificatore.
Michelangelo diede alla statua il suo posto d'onore al Campidoglio.
Più pensatore che generale, Marco merita la sua testa in bronzo.
Atterrito, afflitto da preoccupazioni, in balia di barbariche violenze, consapevole delle rigide leggi della natura, stoico in attesa della fine, pensando a giorni migliori.
I suoi pensieri sono conservati nella Biblioteca Vaticana, tesoro della Città Eterna.
“Tutto ciò che sentiamo è un'opinione, non un fatto. Tutto ciò che vediamo è una prospettiva, non la verità”.
Fonte: la testa di Marco Aurelio. Professione: filosofo. Destino: imperatore di Roma.

 

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